venerdì 24 aprile 2009

Eppur si muove!

Sperando che non sia un fuoco di paglia, sembra che la stampa cominci ad interessarsi ai problemi di Politica Climatica, anche se sotto gli echi del G8 Ambiente di Siracusa, e della Giornata della Terra, ieri 22 aprile, passata praticamente ignorata da politici, amministratori e media.

Il Corriere della Sera di oggi apre con un editoriale di Gianni Sartori dove riunisce la necessità di una Terra Verde e dello suo sviluppo economico sostenibile. Sottolinea come oramai esiste un generale conenso, almeno nella comunità scientifica, sull'impatto che ha l'attività dell'uomo su sistema climatico, ed allacciando il discorso dell'aumento delle emissioni di gas serra alla necessità di una continua riduzione dei semplici effetti inquinanti. Si permette anche un arduo accostamento, osservando l'esistenza di un problema Acqua, e, per quanto non esplicitamente, ne evidenzia l'intimo rapporto con i cambiamenti climatici. Nello stesso editoriale viene inserito anche il problema energetico, arrivando a correlare il tutto con l'aumento della popolazione mondiale, prevista per 9 miliardi entro qualche decennio.

Per quanto oramai esiste una ampia letteratura mondiale che ha identificato questi tre problemi, clima-acqua-energia, come intimamamente collegati, in Italia le campane continuano a suonare da sole, senza che ci sia uno spartito unico, e specialmente senza un direttore che ne unifichi i suoni.

Inoltre, se i problemi climatici sono di solito associati aa voci di costi nei bilanci delle varie amministrazioni (pubbliche o private), acqua ed energia sono invece visti come un grosso business, dove è possibile un grosso giuadagno sia da un punto di vista della produzione (energia) sia da quello della gestione (acqua), e quindi da gestire separatamante per non intralciarsi nelle varie richieste finanziarie.

Naturalmente non è importante se il cambio dei regimi delle precipitazioni o della loro quantità totale, e quindi òa disponibilità, sia in risposta ad un cambiamento climatico. E non è importante se la domanda di energia venga modificata nel tempo e nello spazio proprio dal cambiamento delle esisgenze dovute al clima modificato.

Comunque, eppur si muove....almeno per ora.

giovedì 23 aprile 2009

Il G8 dell'Ambiente.... o delle parole?

Sembra che siano state dette "buone" parole al G8 dell'Ambiente a Siracusa. Parole che, uscendo dai discorsi del nostr Ministro dell'Ambiente, sembrano finalmente muoversi nella direzione già presa, da molto tempo, da altre nazioni industrializzate. Parole che comunque si muovono nella direzione opposta a quelle che fono ad ora ha espresso il nostro Presidente del Consiglio. La cosa è quindi particolarmente ambigua, specialmente nei confronti degli altri partecipanti e specialmente in quanto Paese ospitante della riunione!

Comunque, rimanendo al solo discorso del Ministro, esiste una interessante presa di coscienza di due aspetti che reputo importanti: l'equilibrio e la pianificazione.

Un discorso che sottolinea quanto sia importante che "Si affrontino i problemi in modo equilibrato, evitando il negazionismo e le posizioni allarmistiche secondo cui tra dieci anni si scioglierà il Polo Nord", anche se ovviamente il concetto di Emergenza, a livello climatico, è insito nell'a mancanza di chiari dati, specialmente sul comportamento che la macchina climatica può assumere al variare dei suoi parametri interni (es. aumento delle emissioni). Quindi, equilibrio si, ma senza perdere ulteriore tempo.

Importante anche la presa di coscienza che «Bisogna orien­tare i piani energetici a favore delle nuove tecnologie. Una rivoluzione verde che costa molto: dall’1 al 3 per cento del Pil mondiale, da qui al 2050». Ovviamente il costo è un punto importante, anche perchè la mancanza di interventi seri negli ultimi 20 anni ha fatto in modo che l'Italia sia attualmente in forte deficit nei confronti delle previsioni di contenimento delle emissioni e delle applicazioni di tecnologie pulite. Piani energetici, ma anche costruzione di una cultura fondamentale per diffondere l'esigenza di una rivoluzione verde. Questo investimento, dall'1 al 3 per cento del Pil, deve comprendere una parte legata alla formazione, alla ricerca ed alla comprensione dei meccanismi climatici, che, in modo equilibrato, permettano di movere in parallelo, la Conoscenza e la Tecnologia.

In nessuno dei 3 giorni di incontri viene accennato alla necessità di una formazione culturale delle persone che dovranno poi caricarsi l'onere di fornire quell'1-3 % del Pil. Fomazione che deve essere fatta a tutti i livelli, a partire dalle Scuole Primarie fino all'Università, ma non solo. Si deve arrivare alla formazione anche degli Amministratori Pubblici, dai Sindaci agli Assessori, dai Consiglieri ai vari gestori di Enti. Non ultimo DEVE essere prevista la diffusione a tutti delle informazioni sui cambiamenti climatici e sugli apsetti tecnologici, finanziari, sociali ed etici a loro correlati. Formazione che deve essere fatta in modo obiettivo ed equilibrato.

In genere si finisce dicendo "speriamo che.....", ma in questo caso non è più possibile sperare.... Bisogna fare!!!

lunedì 20 aprile 2009

Meditate gente... meditate!

Antonio Zecca e Luca Chiari, La discontinuità del 1945. Le Scienze, 488, aprile 2009.

Docente e allievo all’Università di Trento, hanno studiato una delle anomalie nella più famosa serie di dati del Mondo, l’andamento delle temperature globali degli ultimi 150 anni.
Nel mio post precedente (del 11 aprile 2008), presento la serie delle temperature globali, provenienti dalle elaborazione del Met Office Hedley Center, del Regno Unito. la linea Blu, che rappresenta il valore medio di un ventennio di dati, mostra un aumento dell’anomalia delle temperature globali, a partire dal 1920 fino ai giorni d’oggi, con un picco particolarmente pronunciato intorno agli anni ‘40 del secolo scorso. Una evidente variabilità dei dati è sempre presente nelle serie di questo tipo, infatti si osservano dei su-e-giu tra un anno e l’altro che possono anche essere ricondotti a particolari eventi naturali, tipo eruzioni vulcaniche (es. Pinatubo, nel 1991) che normalmente sottendono un minimo nelle temperature, o eventi tipo El Nino (es. nel 1998) che normalmente sono invece legati ad un aumento delle temperature. Ma normalmente si tratta di una variazione che interessa un anno, o al massimo due anni. Come invece si può facilmente osservare, l’evento degli anni ‘40 interessano altre 5 anni, con una tendenza abbastanza chiara di un brusco aumento seguito da una ridiscesa altrettanto brusca. Evento che in effetti è sempre sfuggito all'interpretazione dei ricercatori e dei modellisti, e proprio per questo utilizzato come una delle prove contrarie al riscaldamento globale.
L’analisi, critica, dei dati deve stare sempre alla base della ricerca scientifica, cosa che è stata fatta a partire dal 2002, quando sono stati unificati tutte le banche dati utilizzate per questi studi nell’ICOADS (International Comprehesive Ocean-Atmospherere Data Set). Banca dati che raccoglie non solo i singoli dati climatici (temperatura, precipitazione, pressione, umidità relativa, ecc...) ma anche i cosiddetti “metadati”, cioè le informazioni sugli strumenti, loro tarature, eventuali sostituzioni, operatori, ecc..., che diventano importanti quando si vuole comprendere a pieno il valore dei dati stessi. Analisi effettuata in modo molto capillare, tanto che si è arrivati a comprendere come mai il periodo intorno al 1945 mostrava questo anomalo aumento, ed in particolare a capire che questa anomalia era legata a dati prevenienti dalle temperature superficiali dell’acqua degli oceani.
Differenti tecniche di misura delle temperature dell’acqua oceanica superficiale sono alla base di questo studio. Gli inglesi hanno da sempre usato, come tecnica di misura dell’acqua superficiale dei mari, la tecnica di portare a bordo un secchio d’acqua e poi misurarne la temperatura. Venivano usati differenti recipienti per ridurre al minimo il rischio di errori, ma ovviamente questo è praticamente impossibile. L’effetto del vento sui secchi usati per i campionamenti portava ad una lieve riduzione della temperatura dell’acqua poi misurata.
Gli Americani invece, ben prima della Seconda Guerra Mondiale, misuravano la temperatura direttamente nei tubi dell’acqua pescata per raffreddare i motori. Questo portava a misurare temperature leggermente superiori a quelle reali.
Il lavoro di integrazione dei dati nelle serie climatiche portavano all’annullamento reciproco degli errori, almeno fino al II conflitto Mondiale, quando gli inglesi ridussero al minimo le misure in mare, a differenza degli americani che continuarono ad effettuare le loro misure.
Durante questo periodo la sovrastima dovuta alla tecnica degli americani prese il sopravvento, arrivando ad ottenere misure fino a 0,4°C maggiori rispetto le temperature reali. Situazione che fu chiara solamente dopo il 2002, quando furono integrati i database delle misure nell’ICOADS. Qui è stato possibile ricostruire la storia delle misure delle temperature e capire come questo errore sistematico non fosse stato corretto.
Zeccha e Chiari hanno effettuato questo lavoro ed hanno stimato l’errore correggendolo. Questo lavoro mette in luce come la ricerca non si ferma mai, neppure di fronte all’ovvio. L’analisi critica dei dati è sempre stata una priorità, e l’analisi critica dei dati alla luce di nuove conoscenze è una priorità DOVUTA!
Mai fermarsi, mai credere di aver finito. Le scoperte di oggi mettono in dubbio quelle di ieri.
Meditate gente... meditate!

Quando il futuro imita il passato.…

Corriere della Sera, 20 Aprile 2009
Uno scudo di gas contro l'effetto serra

Franco Foresta Martin, noto giornalista scientifico del Corriere della Sera, riporta una notizia proveniente dal settimanale americano Newsweek, sulla proposta di due Premi Nobel, Paul Crutzen (Nobel per la chimica nel 1995) e Thomas Schelling (Nobel per l’economia nel 2005), di ridurre il riscaldamento globale del Pianeta immettendo in atmosfera biossido di zolfo come schermante delle radiazioni solari.
Uno degli effetti dei composti dello zolfo è quello di funzionare da schermo nei confronti delle radiazioni solari, riducendo la quantità di energia che raggiunge la superficie terrestre. Si tratta quindi di un effetto che contrasta quello dei gas serra, i quali tendono a riscaldare la superficie. E’ quindi un caso di forcing negativo che contrasta il forcing positivo dei gas serra.
La storia dei composti dello zolfo in atmosfera è però nota da molto tempo.
A partire da secondo dopoguerra, intensa industrializzazione del Nord America e dell’Europa aveva portato ad immettere in atmosfera una quantità enorme di composti dello zolfo, derivanti in massima parte dalla combustione di oli non particolarmente raffinai e da carbone, attraverso tecnologie di produzione a bassa efficienza e alta emissione. Queste sostanze, arrivarono ad abbassare il pH della pioggia fino a livelli tali da dover adottare il termine “Piogge Acide” per indicarle. Una situazione che, ai tempi, creò problemi alla vegetazione di aree disposte sottovento ai grandi centri industriali, fino a centinaia di km di distanza. Per esempio negli anni ‘80, la Foresta Nera presentava circa il 50% delle piante danneggiate dalle piogge acide, e nel 1974 in Scozia è stata misurata un’acidità della pioggia di pH 2,7 (!!).
L’idea quindi dei due premi Nobel, potrebbe essere considerata come interessante esercizio di modellistica atmosferica a scala planetaria, ma sicuramente andrebbe valutato con maggiore dettaglio i possibili effetti a lungo (e forse anche a medio) termine.
Forse è meglio arrivare a costruire politiche che portino ad una riduzione delle emissioni di TUTTI gli inquinanti, sia quelli clima-modificanti che gli altri. Questo è fondamentale per costruire una società che permetta di arrivare ad una società la più equilibrata possibile, dove la parola Sostenibilità abbia lo stesso significato per tutti gli abitanti del nostro Pianeta.

sabato 11 aprile 2009

Qualche curva... qualche dato.


Le barre rosse indicano le anomalie della temperatura media annua globale in prossimità della superficie dal 1850 al 2008, con la barra dell'errore al 95% di confidenza (trattino grigio). La barra verde è la stima per l'anno in corso, ovviamente diventerà sempre più significativa con il passare dell'anno. La linea spessa blu mostra i valoro medi annuali dopo un filtraggio a 21 punti con sistema binomiale. Le linee fini blu, rappresentano l'inncertezza del filtraggio al 95% di confidenza. http://hadobs.metoffice.com/hadcrut3/diagnostics/global/nh+sh/





Si tratta di una animazione della variazione della anomalia di temepratura a partire dal 1880 fino al 2007 con un passo di 5 anni.
Ecco dove trovare dati e filmati
http://data.giss.nasa.gov/gistemp/

Ghiacciai e livello del mare. Quando l’equilibrio è tutto.

David Bahr e colleghi della Regis University e dell’Univesity of Colorado, negli USA, partendo dalle misure di riduzione delle aree di accumulo dei ghiacciai avvenuta fino ad ora, hanno stimato che la perdita di massa dei ghiacciai continuerà anche se la situazione climatica del nostro Pianeta si stabilizzasse. Questo “tempo di risposta” dei ghiacciai farebbe in modo che la riduzione della loro massa continuerebbe fino ad una ulteriore perdita di circa il 27% di quella attuale, equivalente a circa 18 cm di aumento del livello medio del mare. Inoltre hanno stimato che, se le condizioni climatiche dovessero evolvere con le tendenze degli ultimi 30 anni, intorno al 2100 la perdita di massa dei ghiacciai raggiungerebbe il 55%, equivalente a circa 37 cm di aumento nel livello medio dei mari.
Infatti esistono intime relazioni tra livello del mare e ghiacciai.… Una è molòro semplice, sono fatti entrambi da acqua, chi liquida, chi solida, ma sempre acqua. Esiste anche una relazione tra la quantità di ghiaccio sui continenti, quindi i ghiacciai, e l’acqua negli oceani, che comunque ne contengono la maggior parte. Inoltre i ghiacciai sono formati dalla precipitazione nevosa che deriva dalla evaporazione dell’acqua di mare e, conseguentemente, la fusione di questo ghiaccio torna alla fine agli oceani. E’ una parte di quello che è chiamato “ciclo dell’acqua”.
L’esistenza dei ghiacciai è un delicato equilibrio tra la neve che precipita sui ghiacciai, detto accumulo, e quella parte di neve e ghiaccio che fonde durante le stagioni calde e viene portata via con i torrenti ed i fiumi, chiamata ablazione. Una variazione di uno dei due parametri, temperatura o precipitazioni, o di entrambe, porta ad un aumento o una diminuzione della massa dei ghiacciai. Questo delicato equilibrio è quindi funzione del clima e delle condizioni climatiche di una certa regione del nostro Pianeta, e per contro, al cambiare delle condizioni climatiche cambiano anche le tendenze dei ghiacciai. Ovviamente la risposta dei ghiacciai a questi cambiamenti non è immediata. A seconda delle loro dimensioni e delle variazioni climatiche a cui sono sottoposti, possono modificare la loro massa anche con anni di ritardo, fenomeno chiamato “tempo di risposta”.
Alla fine la relazione è semplice, se i ghiacciai perdono massa di ghiaccio, questa massa, sottoforma di acqua, scorre verso gli oceani, aumentando il loro livello.

David B. Bahr, Mark Dyurgerov, Mark F. Mayer (2009). Sea-level rise from glaciers and ice caps: A lower bound. Geophysical Research Letters, 36, L03501.

martedì 7 aprile 2009

Terremoto in Abruzzo - sterile polemica in sterile paese

Rischio sismico, rischio vulcanico, rischio idrogeologico. Ho dimenticato qualcosa? Si, devo aggiungere il rischio industriale, forse l'unico che viene preso sul serio. Anche nella fase di prevenzione e di controllo, e non solo come emergenza inevitabile, almeno dopo Seveso. Il processo cominciato a Torino sulle multinazionali dell'amianto, e quelle terminato qualche anno fa per Porto Marghera, mostrano uno scorcio della nostra storia, che speriamo resti storia.

Ma gli eventi naturali, come il disastro in Abruzzo nelle sue tragiche conseguenze, mette in luce i forti limiti italiani. Sia chiaro, non è una critica alla macchina dell'emergenza che sta funzionando nonostante le condizioni dell'area terremotata. Un paese moderno DEVE avere la capacità di gestire le emergenze nel modo più efficiente possibile, e purtroppo la nostra macchina è stata testata molte volte, troppe volte, per esser presa di sorpresa!

E' invece la discussione in atto sulla prevedibilità dei terremoti, figlia del ridotto investimento della ricerca italiana sui sistemi naturali, alla base di questo mio commento. La conoscenza geologico-geofisica di un territorio e gli aspetti meteo-climatici sono fondamentali per la comprensione degli eventi che nell'ultimo secolo hanno fatto centinaia di migliaia di vittime in Italia. La prevedibilità degli eventi estremi e catastrofici sarà possibile solo a valle di una profonda conoscenza dei sistemi naturali, e della loro oramai inevitabile integrazione con l'ambiente umano. Non è più possibile ignorare, per mancanza di volontà o per calcolo, il pericolo che caratterizza buona parte dell'Italia. Non è possibile mantenere l'enorme macchina per la gestione delle emergenze come la Protezione Civile, senza fornirla delle necessarie conoscenze sul funzionamento di tutti i fattori di rischio del nostro paese.

La costante demolizione della ricerca italiana non lascia particolari speranze per il futuro, a meno di un radicale cambio di politica. L'ignoranza si paga, o peggio, la paghiamo tutti!

lunedì 6 aprile 2009

Un'altro pezzo di Antartide si è staccato


In effetti sono quasi 10 anni che la Penisola Antartica ci ha abituati a questa "perdita di pezzi", cominciata nel 1998, quando circa 1100 km2 della parte settentrionale della Piattaforma di Wilkins si rompe in migliaia di iceberg. Segue nel 2001 la Piattaforma Larsen B, nella parte orientale della Penisola Antartica, si disintegra davanti gli occhi di alcuni satelliti, distruggendo circa 3300 km2 di ghiaccio galleggiante, con uno spessore medio di oltre 200 m. Proprio l'anno scorso, ancora la Piattaforma di Wilkins perde ulteriore massa, con la rottura della parte meridionale per circa 500 km2.

Ed è sempre la Piattaforma di Wilkins che torna alle cronache con la rottura del sottile ponte che divideva le due zone collassate nel 1998 e nel 2008. Collasso che riduce ulteriormente la massa di ghiaccio galleggiante che ha sempre caratterizzato quelle zone dell'Antartide, note fin dalle prime esplorazioni nel 1800.

(Testo in preparazione)

La Rivoluzione del Clima. di Bryan Fagan, Sperling & Kupfer Ed. 2001


La storia climatica del nostro pineta "a la carte" e la loro influenza sull'Uomo.... Ebbene si. Esiste una relazione bi-univoca tra il clima e le sue variazioni, e l'uomo e la sua storia. E questa relazione è particolarmente intensa a partira dal medioevo ad adesso. Consiglio di visitare il sito http://www.appuntidistoria.it/ per una migliore trattazione delgi aspetti storici.
In effetti l'autore racconta una storia che comincia con quello che viene chiamato "periodo caldo medioevale", le cui condizioni climatichge erano effettivamente miti, tanto da permettere la quasi completa colonizzazione della Scandinavia e delle terre circostanti con il conseguente sviluppo della cultura Vichinga. Cultura proprio legata alla possibilità concessa dal cima di sostenere la vita di decine, forse centinaia, di migliaia di persone, in un periodo dove l'agricultira ave ancora grossi caratteri di sussistenza. L'intero libro si sviluppa poi lungo il periodo successivo che portò alla "Piccola Età Glaciale" culminata nel 1800, il cui inizio, alla fine del medioevo, corrispone in effetti con la fine della cultuira Vichinga. Rimando a letture più specializzate l'aspetto storico delle vicende, ma esiste una buona concordanza tra la storia climatica e quella culturale in queste regioni, durante il medioevo.
(Testo in preparazione)

mercoledì 1 aprile 2009

Catastrofismi o negazionismi?

“Clima”… un problema di scelte (?!)

Valter Maggi

Catastrofisti o negazionisti, apocalittici o indifferenti, buoni o cattivi. Nell’ampia letteratura mediatica degli ultimi due decenni sembra le scelte siano già definite: o da una parte o dall’altra! Più difficile è l’interpretazione della letteratura scientifica, quella specialistica, dove non esiste un “dibattito”, ma una analisi oggettiva, o almeno la più oggettiva possibile. Chi ha avuto la possibilità di partecipare a dibattiti, convegni o tavole rotonde con persone che lavorano e studiano il clima si sarà reso conto della difficoltà nel prevedere quello che potrà succedere nei prossimi 50-100 anni.
Non è una mancanza di impegno, ma l’effettiva impossibilità di poter “sperimentare” processi, meccanismi ed effetti dell’influenza dell’uomo sul clima. Abbiamo un solo Pianeta, quello su cui viviamo, per cui non possiamo fare come i medici con i farmaci e sperimentarli su cento pazienti. Non possiamo prendere un pianeta simile alla Terra e vedere “che effetto che fa” raddoppiare la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. Dobbiamo costruire modelli matematici, trasformare tutto in equazioni che possano esser digerite dai computer, ma prima di tutto dobbiamo capire come funziona il sistema climatico.
Una domanda su tutte può rendere l’idea dell’enorme lavoro in corso: come funzionava il sistema climatico prima dell’influenza dell’Uomo? Oggi la nostra atmosfera è “dopata” dalle emissioni antropiche, quindi leggiamo, nelle registrazioni climatiche, le due informazioni, quella naturale e quella legata all’uomo. Oggi l’anidride carbonica ha concentrazioni nell’atmosfera di circa 380-385 parti per milione di cui almeno 100 sono di origine antropica.
Dato che gli strumenti di misura sono stati inventati ed utilizzati proprio in corrispondenza dell’inizio dell’Era Industriale, non ci sono misure dirette dei vari parametri climatici. Dobbiamo usare gli “archivi naturali”, fondali oceanici, tronchi di piante, depositi di laghi, ghiacciai... dove, per esempio non misuriamo direttamente una temperatura, ma il rapporto tra isotopi dell’ossigeno e dell’idrogeno. Cerchiamo quindi di trasformare dati di vario tipo in informazioni climatiche. Oggi, grazie ai ghiacciai polari, possiamo raccontare con una certa precisione la storia del clima degli ultimi 820.000 anni grazie alla ricostruzione della composizione chimica dell’atmosfera del passato.
Vengono pubblicati oltre 800 articoli scientifici all’anno solo sui risultati delle misure sul ghiaccio polare, è quindi impossibile riassumere tutto in poche righe, ma possiamo fare un esempio che potrebbe chiarire la situazione. Nel passato l’anidride carbonica ha raggiunto al massimo i 280 parti per milione ed è variata naturalmente con valori di 1-2 parti per milione massimi ogni secolo. Ma oggi? A partire dall’inizio del XX secolo l’anidride carbonica è aumentata di circa 100 parti per milione per secolo. Quindi, volendo fare i conti della serva, 2 parti dal sistema naturale e 98 parti dall’Uomo!
E’ chiaro che questo effetto non può che andare ad intaccare seriamente quello che Madre Natura ha costruito da sola. Oramai è abbastanza chiaro che per gli ultimi 30-40 anni, l’uomo ha influito sul sistema climatico causando una parte dell’aumento di temperatura che registriamo da 100 anni.
Questo certamente non distruggerà il nostro Pianeta, e tantomeno nei prossimi 100 anni il genere umano non rischia l’estinzione. Ma il clima controlla un’ampia fetta del sistema umano, dalla produzione agricola, alla pesca, alle necessità energetiche, alla disponibilità di acqua, e tanto altro. Sul nostro pianeta vivono attualmente oltre 6 miliardi di persone di cui almeno 4 senza accesso alle necessità di base, inoltre abbiamo una stima a 10 miliardi per il 2100. Per cui permettetemi una domanda. Se il clima cambierà in modo sostanziale, riusciremo a sostenerli tutti?